1 aprile 2020

Caro Pubblico ti scrivo

(ascolta QUI)

Care e cari,

amici e amiche, spettator*, alliev* e sostenitor*,
come state? Ci auguriamo in salute.

Inutile dirvi che ci mancate….

Il teatro vive di presenza
Il teatro è contatto
Il teatro è sogno e realtà nella carne dell’attore/trice e dello spettatore/trice
Il teatro è relazione pura,
in presenza,
in contatto.

In questo momento siamo tutt* a distanza e siamo costretti a usare la tecnologia come surrogato per entrare in comunicazione. Azione salvifica e necessaria, azione vitale. Sappiamo che non basta. Ora più che mai.

Ora più che mai, sappiamo che abbiamo bisogno di essere in contatto, fisico, con i nostri simili, per la nostra sopravvivenza. Sappiamo che è importante parlare, cantare, ballare e ci accorgiamo che l’arte in presenza, quello che chiamano lo spettacolo dal vivo, è un genere di prima necessità, come il pane.
Quando usciremo di nuovo dalle nostre case e dai nostri schermi di computer, tablet, telefoni e quant’altro, ci abbracceremo per settimane intere…

Come molti cittadini, noi teatranti abbiamo perso il nostro lavoro e stiamo a casa nella speranza che tutto si risolva presto e nel migliore dei modi.
Quest’anno eravamo partite con un nuovo e importante progetto che ci avrebbe visto in tournée in giro per la penisola. Tutte date annullate a data da destinarsi… e appena potremo le proporremo e riproporremo. Speriamo.

Resistiamo…

Mi vengono in mente le parole di mio padre, quando parlava della sua esperienza nel campo di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Mi raccontava che l’unico modo per sopravvivere era “tenere su il morale”, creare dei giochi, dei momenti conviviali, addirittura degli spettacoli. Memorabile fu la rappresentazione che fecero nel campo di Stanbolsen, a Natale del 1944, su un racconto di Guareschi, anch’egli recluso, coadiuvato sulla scena da un giovane Gianrico Tedeschi. Quell’anno e mezzo, trascorso in prigionia, fu reso più sopportabile da quello che babbo avrebbe definito Teatro di Resistenza Umana.

Abbiamo citato la Guerra, ma non avremmo voluto… in questo momento la “narrazione ufficiale” ha spostato il piano della comunicazione sulla metafora bellica. Tutti parlano di “Guerra al virus”. Ma non si tratta di una guerra.

Le parole sono importanti.

Le parole non solo descrivono il mondo. Le parole contribuiscono a crearlo.

E agiscono.

Agiscono su ciascuno di noi e ci portano ad agire, in un modo piuttosto che in un altro. Lo spiegano la linguistica e le neuroscienze applicate; lo sanno genitori, psicolog* ed educator*…

E allora cominciamo a usare le parole appropriate: NON SIAMO IN GUERRA, SIAMO IN CURA!

Non solo i malati, ma il nostro pianeta. E la cura abbraccia – nonostante la distanza fisica che ci è attualmente richiesta – ogni aspetto della nostra esistenza, in questo tempo indeterminato della pandemia così come nel “dopo” che, proprio grazie alla cura, può già iniziare ora, anzi, è già iniziato.

Per questo motivo abbiamo pensato di scrivervi e mandarvi le nostre parole…. E dato che il Teatro è il nostro mestiere, sappiamo bene che la voce ha un suo corpo… ebbene, il corpo della voce, può viaggiare, libero… senza limitazioni, senza restrizioni….

Con la nostra voce, vi possiamo abbracciare e prenderci cura…
Per restare in contatto.
Per restare umani.
Per dirci che presto ci riabbracceremo!

Con affetto

Chiara, Tiziana e tutto il NaufragarMèDolce

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